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giovedì 24 novembre 2011

#8 crew

La pausa estiva era quasi al capolinea, le giornate iniziavano a frasi corte. Era tempo di tornare alla routine. Avevamo sfruttato al massimo le nostre potenzialità per fare soldi facili senza romperci troppo il cazzo. Riuscii a mettere da parte quasi 200 sterline. Una somma che mai avevo visto tra le mie mani e sa il cazzo quando potevo rivederla in futuro. Decisi di spendere un po' di grana in cazzate. La prima cosa che feci fu quella di andare in un fottutissimo studio di tatuatori e farmi fare un cazzutissimo leone rampante sull'anca. Non avevo gli anni per farlo, ma il tatuatore non approfondì e io non gli diedi modo, cosi dopo 45 minuti uscì con il mio primo tattoo addosso. Iniziò nuovamente il college, solite lezioni, solito via vai. Ogni tanto andavo a salutare la mia mentore Fadwa, per comodità la chiamavo direttamente Fad. Era sempre disponibile a dedicarmi 5 minuti. Un giorno passeggiavo lungo il campo in erba quando fui accostato da un tiraseghe che non seguiva nessun corso con me. Si presentò con un sorriso del cazzo e mi allungo la zampa affinchè gliela stringessi, ma io manco per il cazzo. Un po' imbarazzato il coglione ritirò la mano e mi disse che si chiamava Eliot, la cosa non mi interessava più di tanto ma lo stronzo aveva voglia di entrare nelle mie grazie, e sa solo il cazzo perchè. Mi fece intuire che lui sapeva della storia dello smercio, ma io feci orecchie da mercante e dissi che non sapevo nulla di tutto ciò, il tiraseghe era il tipico ragazzino per bene, con voti discreti e la reputazione da bravo ragazzo, il tipico stronzo che tutti vorrebbero prendere a calci in culo. Mi spiegò che doveva dare una festa in casa tra qualche sabato, e siccome i suoi vecchi lo lasciavano per il fine settimana voleva metter su qualcosa di tosto, con beveraggi inclusi. Capi cazzo voleva, un po' di sbobba da bere per lui e i suoi soci. Gli diedi appuntamento a dopo la scuola, all'uscità per metterci d'accordo. Lasciai il coglione li sul posto con un sorriso da ebete e mi diressi a seguire i corsi. Erano le 15 e usciti da scuola mi beccai con il frocio. Gli chiesi i quantitativi e per quanto ne capii mi chiese all incirca una 30 di litri tra birre e vodka a vari gusti. Gli chiesi in anticipo 50 sterline, e a saldo altre 40, il ciucciapiselli sembrava un po' restio ai prezzi, ma io non trattavo, gli dissi che se voleva organizzare quelle erano le somme, 50 ora e 40 dopo, prendere o lasciare, a me non me ne fregava un cazzo. Restammo che m'avrebbe portato l'anticio l'indomani, che tra la prima e la seconda ora ci saremmo beccati nei cessi dove m'avrebbe allummato la grana. Tornato a casa misi in allerta A. e J. I due sembravano contenti di batter cassa anche dopo le vacanze e tutto sommato pensavo che con qualche incarico di tanto in tanto avrei potuto tirare su qualcosina da mettere da parte. Il giorno dopo mi beccai con il segaiolo, mi feci passare la grana e gli dissi di aspettare qualche giorno prima di ricevere i beveraggi. Passati due giorni beccai il tipo nel cortile e gli dissi che lo scambio era pronto, J aveva già messo lo zaino dietro la siepe e io dissi allo stronzo di andare al cesso e di aspettarmi li che gli avrei portato il tutto. Lui si diresse ai cessi io dietro la mensa dove allungai l mani sullo zaino stracarico. presi il peso dello zaino sulle spalle e mi avviai al luogo dello scambio. Entrai nel coridoio mi avviai verso i pisciatoi e notai subito qualcosa di strano, si apri una porta di una aula che avevo appena sorpassato e usci fuori la capoccia di Sarah che mi disse pacatamente di mettere giù il fottuto zaino di aprirlo e seguirla nel suo ufficio, notai con la coda dell'occhio il pezzo di merda sgattaiolare via. Quel bastardo m'aveva venduto, ma ora il mio problema immediato era un altro, come cazzo uscirne. La sarah era davvero incazzata nera. Voleva denunciarmi alle autorita, sospendermi e sa solo il cazzo cosa. Mi disse che durante l'estate s'erano verificati troppi sbotti e incidenti causati dall'alcol che i ragazzi ciucciavano all'interno del college. Che c'era qualcuno che riforniva gli stronzi in "vacanza studio" e che tutti i sospetti cadderò su di me. La prima cosa che fece fu quella di chiamare i miei genitori convocandoli per lo stesso giorno, poi prese lo zaino lo aprì e quasi mi fulminò con gli occhi. Disse che era molto delusa, che secondo lei io ero un ragazzo che poteva combinare qualcosa se solo spendesse un quarto del tempo perso a pensare a ste merdate nello studio. Forse aveva ragione, forse no. Dopo qualche minuto entrò anche Fad, e la cosa non mi fece molto piacere, prendersi una cazziata dal capo ci stava, ma vedere la delusione sul volto di Fad, mi fece male. Abbassaì la testa e presi il berretto del Brentford e me lo calai sugli occhi. Fad mi mise una mano sulla spalla e mi chiese il perchè, che cosa mi era venuto in testa, perchè dovevo rovinare tutto in quel modo. Dopo circa un paio d'ore arrivò mia madre, povera donna, era mortificata ma sentivo la sua rabbia contro di me. Non la guardai manco, non ne avevo bisogno, già sapevo quale smorfia aveva sul viso. Sarah le spiegò il tutto e le mostrò anche lo zaino con i beveraggi. Sempre Sarah mi chiese chi ci stava di mezzo oltre che io, ma col cazzo che cagavo con la bocca qualche nome. Insisteva, che quello che avevo fatto era passibile di condanna, ma sinceramente non avrei fatto il nome di nessuno manco se m'avesserò torturato. Perchè fin da quando sei piccolo e cresci tra il popolo, ovunque sia, apprendi come prima cosa che chi tradisce un socio, un fratello, ha sempre meritato di finire al macello. Cosi non aprii bocca e presa da un impeto di ira disse a mia madre che m'avrebbe sospeso, e avrebbe comunicato l'accaduto all'autorità giudiziaria minorile della circoscrizione. La vecchia non disse nulla, non provò a giustificarmi, senti solo che disse alla sarh che le dispiaceva, che non sapeva cosa fare con me e che era d'accordo nel farmi dare una punizione esemplare affinchè imparassi la lezione. In quei momenti non pensavo a nulla, chiusi gli occhi sotto la visiera del berretto e fantasticavo spaigge tropicali e fighe esotiche. Furono avvisati gli organi competenti io fui sospeso per 3 giorni e dopo due giorni dall'accaduto fui convocato con mi madre e mio padre negli uffici che si occupavano dei coglioncelli come me. In quei giorni il mio vecchio a stentò mi guardò un paio di volte, pensavo che avesse voglia di prendermi a sberle, ma del resto non pretendeva di aggiustarlo tutto con 5 schiaffoni, anche perchè sapeva bene che non me ne sarei stato li a subire, anche se a darmele era lui. Entrammo nell'ufficio, e dietro la scrivania c'era un ammasso informe di lardo che doveva essere una donna. Salutò i miei, lesse il verbale che aveva in mezzo a tanti altri e chiese ai miei genitori cosa volessero fare, se risolvere il tutto pagando un ammenda, oppure ripagare la società dal danno commesso facendomi fare 45 ore di lavori socialemnte utili. La risposta la diede mio padre: "Ho già speso troppi soldi per lui, che paghi e capisca". Mise un paio di firme e cosi fui obbligato a perdere 3 ore ogni pomeriggio all'ospedale geiatrico del quartiere. Mi fu proibito di vedere i miei soci, avevo l'autorizzazione solo di andare da casa verso scuola, da scuola verso il geiatrico e dal geiatrico a casa. Il primo giorno di lavori socialmente utili fu una merda. Mi ritrovai in un salone circondato da vecchi che a stento riuscivano a sbiascicare due parole. Non li capivo per un cazzo. Il mio compito era quello di portare i vassoi con la sbobba ai vecchi e di aiutare chi non fosse capace a buttar giù quello schifo che gli davano. Tornato a casa ero incazzato nero, da parte avevo una somma con la quale potevo pagare l'ammenda invece di subire quella tortura, ma non si poteva fare ormai più nulla. Volevo andare in salotto e sbattere le banconote in faccia al mio vecchio ringhiandogli di andarci lui a mettere il vomito nelle bocche di quei morti ambulanti. Ma non lo feci mai. Qaundo i miei se ne andarono a letto , una notte ne aprofittai per andare al campo di cemento e beccarmi con i soci, che sapevano già tutto. Quando arrivai A e J furono sorpresi di vedermi, mi vennero incontro e iniziarono a darmi pacche sulle spalle, con loro c'era pure un certo stronzo che chiamavano Stik, perchè magro e alto. Aveva sui 23 ed era uno dei capoccia che mandavano le gradinate del brentford. Mi si avvicinò e mi diede la mano, mi chiese come mi chiamassi e mi disse che avevo due belle palle sotto, che il fatto di non aver detto nulla mi era valso il suo rispetto. Dissi che non c'era nessun problema, che io non ero un boccalarga di merda e che preferisco pagare tutto io invece di mettere nei casini i miei soci. Mi diede un cazzotto amichevole sulla spalla e mi disse che ero uno ok, e che se avessi avuto qualche problema lui poteva darmi una mano. Lo ringrazai e gli chiesi solo se avesse un po d'erba da fuamre tutti insieme e qualche birra. Stik fece una gran risata si tiro la testa all'indietro e disse che non 'era nessun problema, che quella notte si festeggiava l'italiano che era entrato a pieno diritto nella famiglia dei brentford-boy...

mercoledì 23 novembre 2011

#7 Why does it always rain on me

Cristo, mai domandare ad uno come me " che bello ma cosa significa per te questo tatuaggio?". Imparate a farvi i cazzi vostri. Vedi il primo coglione di turno prenderti il braccio tra le mani e domadnare " ma fa male? " Mai quanto un cazzo di calcio nelle palle che stai per beccarti idiota. Per me ogni tattoo è una storia di dolore nè più nè meno e se non ti basta sapere questo, alllora sei proprio vicino a prenderti una serie di calci in culo.

#6 the future is now

Le vacanze estive erano iniziate e la British summer prometteva bene. Buttatomi alle spalle un anno un po' del cazzo decisi che il must doveva essere il divertimento, lo spasso e me la spasso. La giornata tipo era sveglia alle 12, pranzo e poi via con i soci a perder il cazzo del tempo. Poi si faceva ora di cena e cosi di nuovo in strada ad ascoltare qualche musicassetta giù al campo in cemento e se ci usciva qualche birra e un po' di fumo con i controcazzi. La voglia di fare casino c'era ma mancava la grana, a quell'età non si pretende chissà cosa, ma cazzo qualche banconota in tasca rendeva meglio la vita. Il college iniziava a riempirsi dei soliti stronzi in vacanza studio, ragazzi provenienti in maggioranza dalla francia e dall'italia che trascorrevano 1 o 2 settimana nella speranza di imparare a dire qualche stronzata in inglese. Nulla di più insensato, sulla mia pelle ho capito che una lingua si impara solo in due casi, il primo a letto, il secondo è per sopravvivenza, quest'ultimo mi toccava in modo molto particolare. Lo stronzo del mio socio Alan ebbe una brillantissima idea. Era una delle tante serata trascorse giù al campo, e mentre si facevano due passaggi a futbol e si parlava delle prossime amichevoli del Brentford, squadra che si seguiva in quel cazzo di quartiere, e della sua campagna acquisti, di merda. Per seguire i soci in trasferta bisognava fare della grana e nè io ne i miei amici sapevamo dove sbancare qualcosa. Così Alan buttò giù l'idea. Disse che si poteva fare qualche biglietto vendendo birre e qaunt'altro agli stronzi che d'estate invadevano i college per vacanze studio, per il 90% minorenni e quindi non in età per comprare i beveraggi. Lo stronzo non aveva tutti i torti, smerciare birre e liquori al St. Margaret c'avrebbe garantito almeno buona parte della stagione del merdosissimo BrentfordFC, chi ci procurava il beveraggio c'era, e con una piccola commissione si sarebbe levato dal cazzo, Tim, il fratello di Alan, 23 enne con cervello di un ragazzino di 7 anni, io poi dovevo smerciare la merce dato che potevo entrare e uscire dal college essendo uno studente, mentre jhon doveva portare le  latte da casa di Alan al cancello secondario del St margaret, dove io ,una volta entrato, avrei iniziato a dispensare  lager. L'idea era brillante. Il giorno dopo mettemmo du 16 sterline, 3 le demmo al fratelo di Alan, il rinco Tim, il resto si investì in latte di miller e qulche merdosissima guinness. Stesso in tarda mattinata entrai al St margaret, salutai lo stronzo del custode al cancello, che mi sorrise benevolmente e gli dissi che andao un poco in giro a vedere se beccavo qualche connazionale per fare due chiacchiere nella mia lingua. Rispose che non c'era nessun cazzo di problema, che potevo entrare e uscire quando cazzo mi pareva. Il primo ostacolo era andato. Feci un giro per il cortile, che brulicava di ragazzi e ragazzine di ogni angolo del mondo, iltaliani, russi, francesi, qualche turco del cazzo. Mi avvicinai al primo gruppo di ragazzi italiani che stavano li organizzando una partitella a calcio. Attaccai bottone domandando da dove cazzo venissero, e da quanto tempo erano li. Parlammo per un po' e mi invitarono a giocare , dissi che non potevo che avevo dei cazzi da sbrigare ma prima di salutarli domandai loro se volevano comprare qualcosa da bere, d'alcolico, per qualche seratina del cazzo. All'improvviso tutti e 5 o 6 zittirono di colpo e si avvicinarono interessati. Dissi loro di non parlare con un cazzo di nessuno, non gli diedi manco il mio nome, dovevano chiamarmi "lo zio" diedi loro i prezzi, ricaricando ogni latta e bottiglia di 3 pezzi sul prezzo d'acquito, 1 per me 1 per alan e 1 per jhon. I coglioni ci stavano, ero esaltato, la cosa sembrava funzionare. Domandai loro dove cazzo avevano il dormitorio e la maggiorparte stava nelle stanze dell'edificio C. In ogni edificio si accedeva con una chiave di plastica del cazzo, stile schede perforate dei computer degli anni 50, me ne feci dare una con la promessa di restituirla al momento dello scambio soldi e beveraggio e gli dissi di aspettarmi da li a 30 minuti nelle stanze comuni del caseggiato C. Uscii e salutai il coglione di Bob, il custode, brav uomo, ma stronzo come il piscio. Mi beccai subito con J. e gli dissi di andare a prendere 5 latte di lager comprate dal succhiamocco di Tim. Il piano era che mi lasciasse lo zaino con le latte all'inteno del college fancedolo passare sotto la recinzione, tra ferro e muretto in cemento, nella zona spalle la mensa dove c'erano tra la recinzione e gli edifici delle siepi. Dopo circa 15 minuti passai dietro la mensa, e presi lo zaino. Andai al caseggiato C mi beccai con i tipi mi feci dare la grana e gli passai le latte. Ridiedi la chiave e salutai gli stronzi, dicendogli che ogni giorno sarei passato per il campo per vedere se avevano bisogno di qualcosa, e di spargere la voce con i tipi ok, non con tutti gli stronzi boccalarga. Perche se beccavano me loro avrebbero trascorso vacanze del cazzo senza manco un goccio. Il giorno dopo avevamo ordinativi da 30 - 40 sterline... Iniziai a farmi pagare un anticipo per comprare le latte, l'idea di Alan era andata di culo, bei soldi , senza fare un cazzo. La prossima stagione dei merdosissimi BrentfordFC sembrava essere coperta....

martedì 22 novembre 2011

#5 Love is Pain

La notizia m'aveva scioccato, non aspettavo fosse cosi doloroso perdere qualcuno a cui vuoi bene. Fù il mio primo rapporto con il tema morte, la cosa mi gettò in depressione. I miei soci cercavano di tenermi distratto, andavamo a comprare birre di straforo, spesso pagavamo un cazzone più grande affinchè andasse a prenderci da bere al posto nostro. La cosa funzionava. Trascorrevo le mie giornate a bere, fumare e tirare di anfetamina. Il mio rendimento scolastico era da schifo, non me ne fotteva più un cazzo, ogni volta che entravo al St. Margaret mi prendeva una depressione del cazzo, sentivo la cravatta della divisa soffocarmi, annodarsi come una merdosa anaconda al collo. Le ore in classe trascorrevano lentamente, già avevo difficoltà a capire una lingua non mia , ma con la testa in tutt'altro mondole parole dette dai prof sembravano tramutarsi da inglese ad arabo-cuscus-dei-miei-coglioni. La notte non dormivo, l'anfe faceva il suo sporco effetto, trascorrevo ore ed ore al buoi della stanza, mettevo su i due cazzo degli audicolari e mi sparavo musica punk nelle orecchie tutta la notte, di tanto in tanto mi rollavo un po' di fumo di merda, per equilibrare le particelle di mdma che flippavano inpazzite contro i neuroni. Quando poi si faceva ora di andare a prendere l'autobus per andare a scuola prendevo il cazzo di zaino che stava nello stesso angolo del giorno prima e filavo senza manco mangiare un boccone di merda. La mia vecchia era affranta, seppe che cazzo mi stava passando, ma ogni suo accenno mi irritava e la zittivo dicendole di non tirare fuori il tema. Mio padre come sempre assente, del resto il povero rinco sgobbava come una merda tuttto il giorno, e sicuramente quando tornava a casa non c'aveva una cazzo di voglia di sentire altri problemi. Trascorrevano le settimane e fui convocato dal direttore della scuola, Sarah Duth. Tipa bassina, con piccoli occhi azzurri infossati nel suo cranio cosi tipicamente anglosassone, cristo poteva sembrare una comparsa nel film "harry potter". La Sarah era una tipa ok, anche se rappresentava l'ordine e la gerarchia, tutto sommato, non se la tirava per un cazzo. Mi fece entrare nel suo studio, era una tipa molto corretta, educata, mi invitò a sedermi su una comoda poltrono in simil-pelle, mi offri una tazza di tè con latte, la presi e ringrazai, sbattetti dentro 3 bustine di zucchero e notai i suoi occhi osservare i miei movimenti. Fece una battuata su quanto zucchero avessi schiaffato nella tazza, dato che loro, lo preferiscono amaro, ma cristo, il tè gia fa cagare, con il latte poi manco a parlarne, almeno con una buona quantità di zuccherò ti sistemi la bocca. Sorrisi, e annui dicendo che ero italiano, e che per me ciò che è dolce deve essere dolce. Mi sorrise, si aggiusto gli occhiali e mentre grattava con il dito una vecchia goccia di cup of the caduta sa solo dio quanti mesi fa, su quella cazzo di scrivania, iniziò a dirmi che se continavo di questo passo non avrei approvato il corso, sapevo che m'aveva convocato per sta storia, ma me ne sbattevo il cazzo, pensavo " parla parla roditore di harry potter, lo tirò giù nel cesso un anno perso, me ne sbatto" , poi la discussione prese una piega un poco anomala, e si fece interessante. Il capo, sarah, mi mise davanti una scelta, seguire a non fare un cazzo e quindi a ripetere l'anno, oppure rimettermi al passo facendomi aiutare da una prof. ausiliaria che m'avrebbe assegnato come tutor da li a qualche mese. Continuò dicendomi che già aveva parlato con la mia vecchia la quale aveva rimesso nelle sue mani la scelta sul dafarsi, e mi spiegò che le pareva giusto informarmi e pormi davanti una scelta, invece di imporre un qualcosa che in quanto imposizione mi sarei passato per i coglioni. La tipa ci sapeva fare, era furba, sapeva come trattare e cosi le diedi soddisfazione e accettai di buon grado la proposta. Entrai dunque nella lista dei dementi, ritardati o socialmente instabili che erano seguiti da un tutor. Fui assegnato ad una ragazza di nome Fadwa, il nome non mi ispirava molto, pensai che siccome andavo di skin la capoccia della scuola per fottermi ancora di più m'avesse assegnato una nigeriana enorme pronta a darmele sul  culo di santa ragione. Mi diressi all'ufficio di Fadwa, bussai alla porta e mi invitò ad entrare. Il primo impatto non fu sgradevole, Fadwa era una ragazza sui 30, capelli neri mossi, occhialini da intelletuale rotondo con montatura nera, aveva una carnagione color ebano. Mi accolse con un gran sorriso che mi scaldo il cuore per qualche istante. Mi fece sedere anche lei, ma le risposi che non c'avevo tanta voglia di stare seduto, che ero li solo per mettermi d'accordo sugli orari e sul cazzo da farsi e nulla più. Mi sorrise ancora una volta e guardò al cielo come dicendo "ah sti ragazzini, non li capirò mai"... Si alzò anche lei e mi disse se mi andava di fare due passi. Accettai e cosi uscimmo nel cortile sul retro degli uffici, zona off-limits per gli studenti. Camminavamo e iniziò a spiegarmi che nell'antica grecia il maestri con i loro pupilli amavano fare lezione camminando all'area aperta, sta storia mi suonava, le dissi che ero di napoli, una citta nel meridione d'italia, fondata dai greci, e che quindi qualcosa su di loro sapevo dato che da noi fin da piccoli ti fanno studiare la storia e ste menate, e siccome a me le storie di guerrieri e miti mi son sempre piaciute ero abbastanza ferrato sul tema epoca greco-romana. Notavo che mi osservava con la coda dell'occhio, sembrava soddisfatta, tutto sommato mi era simpatica. mi chiese se avessi voluto prendere un the in sua compagnia, ma cazzo ero già pieno di the nella pancia, le chiesi se poteva procurarmi una cazzo di lager, e senza mezzi termini mi disse che la cosa non era fattibile e che alla mia età era proibito bere alcolici, ed io pensavo che mi era proibito anche tirare roba, o fumarmela, cosi come andare al futbol a menr le mani o pisciare sui muri, ma lo tenni per me. Dissi che mi sarei accontentato di un succo, cosi ci avvicinammo a un distributore di bibite, mi offri un succo e lei si fece un caffe lungo. Sorseggiava il suo caffe e mi guardava, stav oa disagio, le domandai cosa avesse da guardare e lei quasi come svegliandosi da un sogno mi disse di stare tranquillo, che tutto sarebbe andato a posto. Ste parole dette all'improvviso mi presero in contropiede, non so se in quel momento stesse giocando con me o meno, se era intenzionata a guadagnare la mia fiducia con qualche cristo di giochetto psicologico, dovevo stare in guardia, non volevo farmi inculare dalla prima tutor che mi assegnavano. Decisi di contrattaccare e le domandai perchè avesse un nome cosi strano, che faceva molto nigeria quando lei al massimo mi sembrava avere origini caraibiche. Quasi sputò il caffe a terra quando conclusi la frase. Rise, si pulì il muso con una salvietta e inizio spiegandomi che lei era nata in inghilterra, che i suoi non erano caraibici ma bensì provenienti dall'egitto, aveva una maniera di parlare che mi piaceva, andava piano piano, ma con un tono che non faceva cadere l'attenzione, Mi spiego il significato dell'etimologia del suo nome, che significava colei che si sacrifica per gli altri. Le sparai che cristo, aveva scelto un lavoro giusto per il suo nome e lei sorridendo mi accarezzo la testa e mi invitò a non usare più parole forti in sua presenza e di nessun'altra signora o signore per bene. Le dissi che non c'era problema, nisba, che fortunatamente lei era una delle poche persone per bene che conoscessi e che quindi avrei continuato a parlare in modo poco convenzionale con molte altre persone. Mi tirò giocosamente le orecchie e disse che del resto non eran tutte troiate quelle che raccontavano sugli italiani, furbi e simpatici, non me lo disse proprio cosi, ma il succo era quello cazzo. Mi andava a genio e le feci capire che per me era una ok. Si sentì sollevata e mi chiese se mi andava di rientrare in ufficio dove avrebbe stampato la time table del nostro programma. "nessun problema Teacher!" e sorridenti ci avviammo verso l'ufficio. A quell'incontro ne seguivano altri 4 settimanali, di 3 ore ciascuno, 2 tolte dall'orario scolastico più una estrascolastica, che spesso usavamo per parlare, la tipa mi faceva sentire bene, mi ascoltava, provava a capirmi e vedere che una tizia di 30 anni mi ascoltasse veramente senza giudicarmi un moccioso o un testa di cazzo mi faceva sentire bene. Col tempo elen era un ricordo sempre meno doloroso, il mio rendimento scolastico aumentava, ripresi a dormire e a fare a meno dell'anfe, ma di tanto in tanto con i miei soci mi trombavo una bella canna con qualche birra. Il tempo passava, la scuola era ormai finita, i miei incontri con Fadwa erano una ottima terapia. Passai i test con voti decenti, ringrazai sarah la capoccia e la stessa Fadwa, che in quei mesi mi era stata vicina. Finito l'anno doveva finire anche il mio rapporto con lei, ma non mi andava di perderla. Cosi le chiesi se le andava di restare, isomma, mia amica, mi prese per mano e mi disse che non c'era bisogno manco di dirlo, che noi eravamo amici, e che se avessi avuto bisogno lei era li, nel suo ufficio pronta ad offrirmi un cazzo di thè. Le sorrisi, lei mi rispose con una tirata d'orecchie.

Usci dal st margaret, mi sentivo meglio, ancora mi capitava di pensare ad elen, ma non più di continuo, lei comunque sarebbe restata sempre con me, in quell'angolo di materia grigia che lavora per i ricordi e per i sogni. Mi beccai con miller e jhon, i miei soci, andammo a fare due tiri di calcio dietro il campo in cemento, fumammo qualche paglia, ridemmo per qualche cazzo di battuta, il sole calava le nostre risate riempivano quella vallata di cemento...

Dedico questo cap ad elen cook la ragazza a cui diedi il mio primo bacio che ci lasciò nel dicembre del 95 e a Fadwa la persona che mi ridiede la serenità d'animo.

domenica 20 novembre 2011

#4 our pride

La prima volta che andai allo stadio avevo 6 anni, ci andai con il mio vecchio. Ricordo la fila ai cancelli prima di entrare, le voci dei venditori di bibite, disseminati lungo il piazzale a capo di bagnarole di plastica bianche e blu piene di latte e ghiaccio, bagarini intenti a smerciare merdosi biglietti falsi, bancarelle che vendevano sciarpe, magliette, bandiere e quant'altro. Il mio vecchio si avvicino ad uno di questi stand primordiali e prese un cappello con sciarpa, mi tolse quelli che indossavo e mi gridò mi mettr su i colori che da quel giorno m'avrebbero accompagnato per l'eternità. Entrammo, ero ansioso, sentivo un boato provenire dalle scale. Volevo correre per arrivare non so dove e capire. Mio padre mi teneva stretto per mano e sorrideva. Salimmo digran passo le scale e come per magia davanti i miei occhi si apri un rettangolo verde , tutt'intorno migliaia di persone ed un unica grande voce ,formata da tanti singoli, gridare canzoni che facevano tremare il suolo sotto i piedi. Ero rapito, non capivo più nulla, estasiato da tutti quei colori, quei rumori ritmici, l'odore del campo, del fumo di qualche petardo o bengala da scenografia, l'odore acre del borghetti, bibita ufficiale di ogni buon tifoso rotto in culo. Quel giorno la mia squadra vinse 2-1 ed ero il bambino più felice del mondo, avevo scoperto una cosa nuova, forte, che m'avrebbe accompagnato fino ad oggi... Il tempo trascorreva e con lui la voglia del mio vecchio di portarmi allo stadio. Arrivato a 12 anni con la scusa di andare a giocare al pallone per strada, con qualche mio amico ci ficcavamo in metro e raggiungievamo lo stadio, aspettanto che il personale aprisse quei cazzo di cancelli gli ultimi 5 minuti della partita per far iniziare ad usicre la gente. Noi come ratti di fogna appena quei cazzo di cancelletti si aprivano scattavamo come tarantole impazzite verso il rettangolo, il colpo d'occhio era stordente, come un forte schiaffo in faccia, i nostri 90 minuti condensati in que 5 - 6 primi di gloria. Gridare ancora più forte, arrabbiarsi, soffrire, sorridere gridare di gioia fino a stentirsi la gola bruciare... Ricordi scolpiti nel mio cervello, un film che nei momenti più discazzo riavvolgo e rivedo in ogni piccolo particolare... Arrivarono poi i 14, i primi soldi racimolati a destra e a sinistra, qualche regalo di qualche nonno, la posta di qqualche partita a carte vinta tra ragazzetti nel quartiere, e cosi arrivarono i primi biglietti per le curve. Il sacro rito di ogni domenica. Quei 90 minuti che valevano una intera settimana. Se non si riusciva a prendere il biglietto allora ci si provava ad arrampicare su per i muri, pulotti pronti a tirare i loro merdosi manganelli sui tetti in lamiera dei punti di accesso, personale pronto a tirarti giù e dartele per il fatto che ti stavi inbucando ad entrare di sforo. I primi colpi subiti, le prime cadute le prime cicatrici, i primi schiaffi presi da un pulotto... Ai 15 mi ritrovai in tutt'altro paese, la mia città era ormai lontana, i miei amici anche, ma mai il mio amore per la mia squadra ma quella droga che era andare al campo e gridare, sfogarsi, sbraitare, la portavo ancora dentro, ero in astinenza e cosi una volta rifattomi un giro di amici con i quali potevo far brigata ricominciai tutto d'accapo, con nuovi metodi di fare e nuove regole, ero più cresciuto, e si provava a seguire i più grandi. Mi ritrovai tra 30enni al sussidio, ben sherman, jeans e adidas, crani rasati, pasticche che giravano una continuzione, nasi dai vasi sanguigni marcati e rimarcati dalle sniffate di colla e strisce di coca sbafate nel cesso di qualche pub di londra ovest. Il giorno era cambiato, non più domenica, ma sabato, il rito d'avvicinamento era bene o male sempre lo stesso: Metro, pub, soci, e marcia. Un giorno uno dei miei amici, Jhon, mi passo mezza pasticca, mi disse di buttarla giù, che se volveamo diventare come i capoccia dovevamo iniziare a comportarci da tali. Buttai giù cosi la mia prima anfetamina. Dopo 10 minuti, trascorsi a rodermi la testa dallo stress di aver buttato giù il male, inizio l'esplosione di colori. Mi sentivo rilassato e da dio, ricordo le facce dei cazzoni più grandi ghignare, tutti mi davano pacche sulla spalla, ed io li a godermi il mio momento di gloria e di calo. Uscimmo dal pub diretti al campo, solitamente nella confusione i bob per evitare casini chiudevano qualche occhio nei campi delle serie inferiori sui biglietti che non c'erano, cosi mi ritrovavo sempre tra due capoccia maggiori che mi spingevano dentro velocemente sotto gli occhi volutamente poco rigidi dello stronzo sfigato di servizio quel giorno. La botta saliva, il bum bum bum del cuore mi pulsava nelle orecchie, ogni rumore era amplificato di dieci volte, il trip iniziava a prendermi male, qualcuno dei grandi se ne accorse e ridendo mi passò una latta di miller da buattre giù. Le mie labbra si attaccarono avidamente al freddo alluminio e buttai giù quattro lunghi sorsi, ripassai la latta allo stronzo, e dopo qualche istante mi senti colpire dietro la testa, mi girai e lo stronzo mi ringhiò contro, accusandomi di non avergli lasciato l'ultimo sorso, gli chiesi scusa, ma il trip non mi lasciava libero, e cosi vedendo un suo continuo mandarmi alla merda reagì tirandogli contro la latta mezzo ammaccata che m'aveva tirato lui qualche secondo prima. Alcuni capoccia s'accorsero che potevo prenderle di santa ragione e cosi mi presero per il collo del bomber e mi tirarono giù vicino il cazzo del campo, da dove potevo sentire la puzza a sudore e nylon dello stronzo che giocava in porta... Della partita non me ne fregava un cazzo, ma tutto quello che c'era attorno, cazzo, era sangue pompato in vena.

sabato 19 novembre 2011

#3 God save the Queen

Il St. Margaret college era una scuola, ma cazzo, per me era tutto meno che una scuola. I primi mesi mi constrinsero a frequentare un cazzo di corso intensivo d'inglese, a fine corso dovevo fare uno di quei merdosi test a crocette per verificare quale era il mio livello di lingua. Ricordo che appena si entrava in questa scuola c'era un enorme campo verde, tutt'intorno le ali della scuola, di fronte c'era la mensa dove lavorava un vecchio borioso con i bracci tutti tatuati old school, lo stronzone era sempre li pronto a scroccare una paglia, conveniva sempre tenerselo buono il pisciamerda, era lui che cucinava, era lui che ti metteva la sbobba nel piatto, non so se mi spiego. Sulla sinistra c'erano le aule e sulla destra degli alloggi per studenti ci si poteva accedere solo se uno era un segaiolo ciuccellone, un nerd del cazzo. I primi tempi erano un po strani, i soci con cui andavo in giro non frequentavano scuola, lavoravano una volta tanto con qualche amico più grande, scroccavano un biglietto da 10 o 5 sterline per caricare qualche camion o scaricare dietro qualche merdoso magazino, sta di fatto che si alzavano quel po' di grana che poi si spendevano in roba, birra e porno. Finito il cazzo di corso di lingua iniziai a capire meglio come funzionava il giro. Ero abituato a stare seduto in una cazzo di classe per 5 6 ore al giorno, invece ora bisognava alzarsi ogni due tre ore e andare in diverse aule. Non ci capivo molto i primi tempi e non riuscivo manco a legare con nessuno. Ma a me non importava, alle 15 finiva tutto e all'uscita c'erano i miei nuovi soci che m'aspettavano e guardavano qualche fighetta cercando di rimorchiare, ma mai con successo... inglesi. Dopo qualche tempo notavo che le tipe mi fissavano con benevolenza, non ero abituato. Ma del resto ero l'italiano, l'esotico europeo in una zona d'inghilterra dove esotico era uguale a pachistano o mangia curry del cazzo. Un giorno ero seduto sul prato del cortile a fissare il  vuoto quando mi si avvicina una tipa che seguiva un corso di biologia con me. Si presentò, si chiamava Elen, snella, bianca cadaverica con occhi verdi e capelli rossi. Era una tipa apposto, fu l'unica in 5 .6 setimane che mi rivolse la parola, mi fece le solite domande del cazzo per rompere il ghiaccio, ed io rispondevo con voglia, sentivo il suo odore entrare prepotentemente nelle mie narcici. Si sedette al mio lato e si tiro la gonna della divisa sulle ginocchia, con la coda dell'occhio intravidi le sue lattee cosce e la cosa mi fece eccitare. A 15 anni gli ormoni corrono come un fottuto intercity in una stazione di un paese sperduto del cazzo. Mi spiegò che ero il primo italiano che vedeva dal vivo, iniziai a pavonergiarmi, a fare il figo, lei rideva, gli andavo a genio e lei andava a genio a me. Qualche sera dopo, ero in giro con i miei soci, e mentre entravamo in un fetido turco per prendere un po di merda da mangiare vidi elen all'incrocio in compagnia di 4 segaioli che frequentavano la scuola . Usci dal take a way e mi diressi verso di lei. Io andavo vestito con una maglietta con su una scritta del cazzo e su portavo un harington, jenas e adidas nere, lei era stupenda con jens aderenti e una camicia bianca che lasciava capire le sue curve. La fermai, i 4 segaioli mi fulminarono con lo sguardo, ma me ne fregavo, io ero il cazzuto, li avrei presi a sberle senza pensarci su, loro lo sapevano e quindi non rupperò il cazzo e si spostarono di qualche passo più avanti, lasciando elen sola con me. Scambiammo due chiacchiere, ero impacciato iniziai a sentire i miei soci prendermi per il culo dalla porta del take a way. Elen rideva alle battute degli stronzi, io rosicavo e facevo buon viso a cattivo gioco, le strappai un appuntamento per la domenica giù alla fermata del bus. La salutai cercando di darle un bacio sulla guancia, cosa normale per noi fottutissimi latini ma cosa un po'strana per i nordici, la presi in confusione e le diedi un bacio sulle sue morbide guance. Sentivo le risate e i fischi dei miei soci, le mi sorrise timidamente e con passo svelto raggiunse i segaioli , mentre andavano via vidi che si girò due volte . Arrivò la domenica, dissi a mia madre che sarei tornato più tardi, la solita mamma italiana che inizia col 4° grado, povera donna, le spiegai che non mi vedevo con i miei soci, che non andavo in nessun campo a vedere il futbol, ma che dovevo vedermi con una amica di scuola. Vidi il sorriso di mia madre illuminare quel cazzo di casa grigio mi disse di portarla a casa. ma cristo manco morto lo avrei fatto.
Arrivai alla fermata del bus con 30 minuti d'anticipo. Pensavo non si presentasse. Il tempo sembrava non scorrere. erano le 4 pm e cristo ero in ansia, peggio di un trip andato a male, 4.30pm, di lei manco l'ombra. Ero già convinto che m'avesse dato buca quando la vidi spuntare dalla curva fronte strada l'incrocio. Mi sorrise dall'altro lato del marciapiede. Premetti il bottone del semaforo e aspettai che salisse l'omino verde per attraversare, la raggiunsi e la prima cosa che mi venne di fare fu quella di premere le mie labbra contro le sue. Aspettavo uno spintone, ma invece no, lei si lasciò baciare, sfiorai le sue labbra con tutta la dolcezza che mi ero immaginato per questo momento, il mio primo bacio. Qaundo mi staccai da lei, ci fu un momento d'imbarazzo, lei mi prese per mano e inizziamo a passeggiare in direzione del parco. Entrammo e ci sedemmo su una panchina dove al lato passava un cazzo di canale si scolo che chiamavano ruscello. Parlammo, di noi, di chi ero da dove venivo di com'era napoli, di come mi trovavo li e del perchè frequentavo quei ragazzi che per lei erano solo degli sfigati che giocavano a fare i capoccia. Le dissi che quegli sfigati erano dei bravi coglioni, gente di cuore, come tutti quelli che provengono dal basso, gente di cui ti puoi fidare nei momenti del cazzo, gente che mai ti volta le spalle se qualcuno ti prende a calci nel culo. Lei capii, era sveglia e bella. La strinsi forte e senti i suoi seni premere contro di me, ero inebriato dal suo profumo le baciai il collo e poi le lebbra. Le confessai che ero stracotto di lei, mi sorrise e disse che pure io non ero niente male, anche se parlavo come un fottuto pachistano, ma poco importava il tempo avrebbe fatto il suo dovere con la lingua. La prima settimana trascorse meravigliosamente, durante le pause di scuola ci beccavamo sempre, pranzavamo in mensa assieme, ci mettevamo vicini nelle aule comuni a studiare.. fuori la scuola la mia vita continuava con i miei soci di sempre. Un giorno normale, entrato nel cortile, non la vidi, notai la sua migliore amica ely singhiozzare,con gli occhi rossi, mi rivolse uno sguardo ma al momento non ci feci più di tanto caso. Alla fine della giornata elen non si fece viva, tornai a casa un po' scazzato. Salito in camera mia madre mi chiamò perche mangiassi un po' di quella cazzo di frittata di maccheroni che adorava fare. Bussarono alla porta, andò mia madre ad aprire, mi chiamò disse che era per me, andai alla porta e ely era li che mi chiese di uscire un secondo, che doveva dirmi una cosa. Misi su il giacchino col cappuccio, tirava un vento freddo che tagliava le orecchie, camminammo per qualche metro verso un negozio di bibite e merde varie, lei non parlava e io mi domandavo che cazzo volesse da me. Ci fermammo, prese dalla sua borsa una siga, e ne passo una anche a me. Scoppio in lacrime e singhiozzando mi sussurrò che elen non c'era più. Incidente d'auto col padre morta in ambulanza. Mi abbracciò forte come un naufrago si agrappa al primo pezzo di legno che gli passa a tiro in mare, io caddi in ginocchio... Ancora oggi ricordare mi fa tanto male.

#2 Outcast

A 15 anni, per vari cazzi della vita e della mia famiglia, mi ritrovavo ad essere uno straniero in un posto che per i prossimi due anni sarebbe stata la mia nuova casa. Senza sapere un cazzo di nulla della nuova lingua fui catapultato in tutt'altro a cui fino a quel momento ero abituato. Ad oggi non so dire se sia stata una buona o cattiva opportunità, forse un poco l'una e un poco l'altra, ovviamente c'è sempre del buono e del marcio in tutto. Da un lato sono cresciuto, dal punto di vista umano, ho avuto il culo d'imparare un altra lingua, un altro stile di vita, dall'altro ho capito che non sarei più voluto tornare indietro. Iniziai a frequentare i ragazzi del quartiere, a integrarmi, e a diventare uno di loro. La scena erà quella dei 90 britannici, il quartiere o distretto Richmond, 30 minuti di tube dalle zone fighe di Londra. I tipi con cui giravano erano dei soci apposto. Cercavano qualcosa di esotico in me, ma i poveri stronzi non vedevano altro che un ragazzo poco più alto di loro e con i lineamenti più nordici dei loro. Erano spiazzati. Io no. I miei nuovi amici seguivano sempre dei ragazzotti poco più grandi che facevano brigata, che a loro volta scimiottavano i quasi 30enni, tipi tosti, un po' fulminati, che viveano solo per la fottutissima techno e chimica. Gente da gradinate, alchol botte e casini. Dopo qualche settimana iniziai a sentire la musica che ascoltavano loro, è cristo se mi piacevano quei giri rudi di basso e batteria. Dopo due settimane, mi rasai la testa misi su una polo e sotto i jeans comparvero i primi Rangers con suola rinforzata... Ero diventato uno skinhead una cosa che tutt'oggi vive dentro di me...

venerdì 18 novembre 2011

#1 Reject

Mi hanno sempre detto che sarei rimasto uno dei tanti stronzi senz'arte nè parte. Mi hanno raccontato che non avrei mai varcato il perimetro della mia città, che quella metropoli sarebbe stata l'unico mondo che avrei conosciuto e che quel quartiere, dove sono nato e cresciuto, la mia tomba. Si puo' dire che la "scuola" l'ho fatta in mezzo ad una strada, tra delinquenti e polizia. Ho imparato il rispetto delle non-regole, ho appreso a capire chi ho davanti con una sola occhiata. La vera scuola era entrare in un cazzo di minimarket che all'epoca chiamavano "cremerie",  con 200£ ed uscirne con pezzi che ne valevano anche il triplo. Le giornate volavano tra partite di calcio per strada tra macchine parcheggiate a delimitare un campo immagginario e sirene di pulotti che sgommavano fuori dai coglioni. Gli anni passavano uno dietro l'altro e il mantra per eccellenza del mio vecchio era " sarai sempre una merda". Non aveva tutti  i torti, sarei finito come lui, uno stronzo galleggiante nell'acquitrino della fogna tra tante altre merde. Avevo sedici anni, ed un giorno mentre tiravo calci ad un supersantos consumato tra le solite macchine parcheggiate, una vespa bianca con in sella due ragazzi mi si parò davanti. Il passeggero seduto sulla parte posteriore della sella scese con un piccolo balzo, aprò la giacca del giubbino e tiro fuori un bel ferro che puntò dritto verso di me. Mi si gelò il sangue. Il buco del culo mi si strinse tanto da bloccare l'entrata anche ad un cazzo di spillo. Ero li, fermo, immobile, apettando non so cosa. In un mondo di prede e predatori non devi mai dimostrare di far parte del primo gruppo, altrimenti sei marchiato a vita con una sorta di tatuaggio invisibile impresso a fuoco su la tua persona. che ti perseguiterra per tutta la schifosa vita che hai davanti.  Piantai il mio muso davanti la canna fredda e metallica senza mostrare segni di paura. Il tutto durò pochi secondi che parverò eternita. Lo stronzò rimontò in sella e scomparì dietro un rumore assordante e l'acre odore dell'olio bruciato dei pistoni. Qualche giorno dopo fui abbordato da un tipo sui sessanta che mi invitò a seguirlo in una palestra di boxe che gestiva. Ero fuori un bar a fumare sigarette di contrabando comprate sfuse e a tracannare  birra di pessima qualità ,aspettando che il giorno andasse a termine.Non so perchè , ma il giorno dopo passai a trovarlo in quella  palestra e da quel giorno avevo uno stimolo, un qualcusa per cui valesse la pena svegliarsi presto. Pasquale, questo il nome del coach, recuperava tutti i ragazzi sbandati del mio quartiere, nella speranza di salvarne qualcuno. Iniziare a tirare di boxe fù solo il primo passo, quel brav'uomo, dio lo abbia in gloria, mi convinse anche a tornare tra i banchi di scuola perche diceva sempre che se un corpo è forte ma la mente è debole allora non hai speranze di vittoria. Per la prima volta capii che il mio vecchio aveva torto, che tutto sommato potevo anche prendere in mano le redini del mio destino ed evitare di finire come una merda. Arrivò la maggiore età, il corpo cambio e con esso la mente. Un giorno la palestra di Don Pasquale restò chiusa per non riaprire più. Lo ucciserò, due colpi alla schiena. Don Pasquale era uno scomodo, toglieva i ragazzi dal sistema, cercava di far vedere loro la luce, una possibilità. Non era un politico, non era un uomo di chiesa, non era nessuno, ma era semplicemente un grande uomo che ci fece capire attraverso l'arte dell'combattimento che la lealtà e l'onore sono cose a cui un uomo non puo' rinunciare. Mi hanno sempre detto che non sarei stato nessuno,  che sarei rimasto uno dei tanti stronzi senz'arte nè parte, que quella metropoli sarebbe stata l'unico mondo che avrei conosciuto, che quel quartiere, il mio quartiere sarebbe stato la mia tomba. Ma grazie a quell'uomo non fu così.

giovedì 17 novembre 2011

Love & Hate

La testa ronza come una fottuta radio posizionata su una frequenza del cazzo. Il naso gronda sangue, te lo tiri via con la manica della felpa, non basta, senti che ti scende giù nella gola e allora ti fai coraggio e raschi tutto per sputare quella massa gelatinosa marrone. Trattieni un conato di vomito e ti ripulisci la bocca con lo stesso lembo di manica ormai sporco e fetido. La pioggia comincia a cadere e per una strana reazione quella massa geltinosa al contatto con l'acqua inizia a ragrumarsi più velocemente e a correr via lungo una canalina in cemento a bordo strada. Alzi gli occhi, intorno nulla. Il cielo è sempre più grigio e le ginocchia ti tremano. Raccogli quelle poche cose che ti sono cadute, le ginocchia tremano ma sai che passerà, già è successo e non sarà di certo l'ultima volta. Una volta in piedi senti la faccia che comincia a pulsare, hai bisogno di narcotizzare il dolore cosi ti trascini nel primo bar che trovi a tiro. Ti siedi al bancone e il barman ti getta un'occhiata manco fossi un cazzo di appestato. Sbatti una banconota da cinquanta sul banco, cosi metti in chiaro che non vuoi che lo stronzo ti pianti casini. Butto giù il primo boccale, ne seguno altri e mentre il dolore inizia a passare e la testa a diminuire di peso, ti ripeti che hai fatto bene, giusta mossa quella di farti dare un cartone sul naso, del resto ora i sensi di colpa son svaniti. Sono li che bevo e rido mentre il naso ad ogni sussulto ricomincia a sgocciolare sangue ragrumato. Un tipo di finaco mi guarda terrorizato, gli faccio un occhiolino e con un bel sorriso gli dico che è tutto fottutamente ok. Del resto mi sono scopato sua moglie, e di brutto, ho ancora l'uccello che fa male se ci penso, ma la tipa era veramente infoiata. Peccato fosse la moglie del mio vicino e che quel povero stronzo mi fosse pure simpatico. Solo per questo gli ho detto di stare attento alla consorte, perchè alla fine dei conti è uno stronzo ok.