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martedì 17 gennaio 2012

# 21 Remembers time

Quando stavo ancora nella mia città, un lurido afoso giorno di piena estate, in compagnia di un socio ce ne stavamo in un parcheggio abbandonato che dava sul mare. Le pareti che mi arrivavano fino all'uccello erano di mattoni in tufo che il vento poco alla volta stava sbriciolando. Il cancello divelto permetteva a scooter ed auto di entrare liberamente e se la struttura fosse stata pericolante, beh beati sti cazzi. Spesso ci si fermava li perchè in una posizione fottutamente strategica. Vicino al cazzo del mare, incastonato tra due pareti rocciose e poco frequentato. Il paradiso per ogni fattone, spurgo, pasticomane e quant'altro di sbagliato ci sia su questa terra del cazzo. Eravamo stravaccati sui sedili della sua ford fiesta. Lo stereo a palla, quello ancora a cassette, con dentro una compilation di pezzi oi vecchia scuola. Le nostre fronti trasudavano tossine per il troppo caldo. Tra una birra e una tirata di erba si parlava di quanto fosse dura tirare avanti. Ogni tanto si raccontava di qualche bestia di brigata ricordandone azioni e reazioni che avevano sempre un finale che ci faceva pisciar sotto dalle risate. La puzza di sudore e birra mixado con l'odore acro dell'erba dopo un po' diventava impercettibile. Fuori l'aria era rovente e le tante pisciate seccate sui muri ormai alla malora esalavano ammoniaca allo stato puro. Erano tempi in cui si lavorava col contagoccie e il troppo tempo libero è sempre stato isipiratore di vizi e ozi malsani ma che 'catroia mi piacevano proprio. Mentre guardavo il mare fondersi con il cielo avevo la consapevolezza che il mio tempo tra le mura antiche di quella città era ormai prossimo alla fine. I pochi soci veri m'avrebbero capito e tutto sommato non ero l'unico a decidere di levare le tende e cercare di sfangare la vita in un altro buco del cazzo. Le ore passavano, le latte di birra calda si erano ammucchiate in un angolo di quello spiazzale bombardato dal sole e dalle cagate di gabiano. La testa girava e i riflessi iniziavano ad addomentarsi in una piccola camera del nostro cervello del cazzo. Mentre il socio stendeva uan riga per riprendere un po' di nervi in modo tale da riuscire ad apparire meno straffatti per poter tornare a casa...

[...] tutti quegli anni che ha viaggiato per l'europa su quella moto son stati segnati dal discorso della diversità. Dalle esperienze nuove, che assimili robe diverse da vedere, da sentire e da annusare. Tutta un'indigestione di lingue nuove, di cultura nuova. Ti bruciano dei canali nervosi differenti. Roba che non succede se resti incollato alla coca in uan vecchia città di stronzi come il beth. Incassi l'egiziano e campi per il fine settimana, e passa poco che tutti i finesettimana sono uguali. Lui c'ha avuto una vita più lunga di me anche se campo fino a ducento anni. Spinellarsi e restare nello stesso posto schiaccia il tempo. Viaggiare, e incontrare gente nuova, lo espande sempre. Non vorrei proprio dire che è la fisica, però è vero uguale. Che, tu c'hai voglia di star qua finchè campi? [...]

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